
Quante coincidenze tra l’inchiesta su Roberto Occhiuto e il cerchio magico di Mario, sodale dei distruttori di Villa Rendano! il velo della menzogna comincia a squarciarsi
16 Giugno 2025
“Non ho paura delle parole dei malvagi, ma del silenzio degli onesti” – Martin Luther King
30 Giugno 2025La vicenda che provo a narrare si svolge in una città, una piccola città, Cosenza, che perde residenti ogni anno come l’acqua che si disperde grazie ai buchi – non i soli in questa parte d’ Italia – che punteggiano le tubature marce.
Ma con Cosenza la vicenda tratta anche di una antica palazzo, Villa Rendano, che era nel secondo ‘800 la dimora della famiglia del musicista locale Alfonso Rendano, allievo prediletto e talentuoso di Puccini, al quale è dedicato anche il teatro cittadino che permette alle “signore bene” di sfoggiare abiti firmati e gioielli che con il loro splendore sembrano dire: “lo sapete quanto li ho pagati a Roma? (il fascino della capitale qui resiste anche per l’acquisto della biancheria intima a portata di mano in decine di negozi che si affacciano sull’isola pedonale che attirano l’attenzione più delle opere d’arte del mecenate Bilotti esposte nel museo all’aperto.
Villa Rendano posta su uno dei 7 colli della città – un altro richiamo della nostra capitale – vede tutta la città e la contigua Rende con la l’Università della Calabria che i nostalgici continuano a chiamare “di Cosenza” arbitrariamente – e che n è visibile anche dalla città, bastando sollevare lo sguardo tra una vetrina e l’altra.
Ciò nonostante, fino al 2011 dopo anni di abbandono da parte della proprietà SNAM se chiedevi ai cittadini anche quelli “della Cosenza bene” dove fosse la Villa ti indirizzavano al teatro, per far identificare l’edificio storico forse più bello della città dovevi aggiungere “quella dove si pagano le bollette”.
Non proprio un servizio e un ruolo memorabili.
Questa la situazione fino a quando un cosentino anziano desideroso di onorare la memoria dai suoi genitori con una Fondazione di cui avevo curato la nascita scrivendo uno statuto con molte belle intenzioni e con un capitale di soli € 10mila mi chiese di accompagnarlo dal Sindaco del tempo Mario Occhiuto, abile promotore soprattutto di se stesso per presentargli la nuova creatura. Ed egli tanto disse e tanto promise che dall’idea minimalista di dare un pur congruo aiuto economico al Comune per esigenze altrimenti non sostenibili, lo convinse – ignorando le mie perplessità – di comprare la citata Villa.
Ed Occhiuto fece di più: organizzò il primo incontro con i responsabili della SNAM e con una trattativa affidatami la Fondazione senza capitale e senza un progetto acquistò la Villa, poi in due mesi ottenne (ottenni) il benestare delle BB. ARTI, scegliemmo con offerte in busta chiuse di 5 ditte qualificate e alla fine partimmo a dicembre 2012 con radicali lavori di ristrutturazione. Il 13 luglio 2013 organizzammo una cerimonia inaugurale con centinaia di partecipanti (che con l’occasione scoprirono che oltre al Teatro c’era pure la Villa), tutte le autorità schierate, Sindaco padrino della villa in testa, e il sottoscritto oratore ufficiale della Fondazione per presentare una villa tornata all’antico splendore senza sapere cosa ne avremmo potuto fare per darle vita.
Siccome con le parole me la cavo bene lanciai lo slogan “Villa Rendano sarà la casa delle idee”.
Non male e in fondo inventando, immaginando, realizzando un po’ a casaccio la Villa divenne un luogo dove nuove idee venivano lanciate e discusse con relatori che pescavamo in tutt’Italia fino a quando, appropriandomi di una modesta realizzazione a Matera da parte del FAI di una breve ma interessante storia dei massi non più abitati, decisi che noi avremmo realizzato un vero e proprio percorso multimediale nella ricca storia dell’antica Consentia, uno dei tre gioielli con Napoli e Palermo, dell’Imperatore Federico II.
Nacque con la direzione di una brava ed entusiasta storica dell’Arte il museo multimediale più grande d’Italia che nel 2021 il Ministro della Cultura promosse tra i musei di interesse nazionale.
Facemmo molte altre cose, ad esempio un progetto per fare della Villa la Casa dei cittadini secondo il modello della cittadinanza attiva con la consulenza generosa e preziosa della torinese Anna Martina, una dei “costruttori” della realtà e dell’immagine della nuova Torino, non più solo città della Fiat.
Il Sindaco fece pubblicare sul sito del Comune un comunicato entusiasta e ricco di elogi per il fondatore e per me “realizzatore di tutto” esclamando “Magari ce ne fossero persone come loro” a beneficio della città. Era il 2016, dopo due anni lontano da Cosenza per una serie di interventi chirurgici e relative lunghe degenze ospedaliere mi trasferii a Cosenza sapendo che era imminente la scomparsa del Fondatore e che avrei dovuto succedergli anche come Presidente all’inizio della pandemia COVID. Ero tornato con gioia nella mia città natale dopo 68 anni.
“Grida di benvenuto, che gioia averti con noi, ora finalmente potrai fare nuovi cose a Villa Rendano”? Neanche per sbaglio.
La mia lontananza aveva consentito al mio omonimo Walter Pellegrini, figlio del mio più caro amico, di non limitarsi ben pagato al ruolo di rappresentante sul territorio della Fondazione ma di fatto a s’era allargato e non di poco firmando contratti anche di assunzione non autorizzati o da me o dal Cda con il presidente Giuliani di importi spropositati per i quali decisi come primo atto la chiusura con un risparmio di € 145mila.
Ma questa narrazione non deve ripetere cose ormai note, rese pubbliche anche dirigendo il primo giornale libero d’ inchiesta della Calabria letto in tutt’ Italia con incrementi mensili di lettori vicini al mezzo milione.
La mia fiducia mal riposta nella formazione del nuovo CdA di quattro “amici” da 20 a 30 anni e più è stata l’occasione per appropriarsi della Fondazione, licenziare le sole risorse professionali pregiate senza vincoli parentali, svuotarla di senso, uccidere un progetto vincente e apprezzato in Italia e in Europa, gettare al vento almeno 13 milioni di euro.
Qui finisce il racconto degli eventi per lasciare spazio a qualche considerazione spero non banale, a qualche idea inedita addirittura bizzarra o a qualche nuova occasione di ottenere giustizia da quel Tribunale di Roma che con uno o due giudici felloni ce l’ha negata in totale malafede. Il CSM al quale ho indirizzato una dettagliata denuncia bene che vada trasmetterà gli atti alla Procura della Cassazione che con comodo e senza fretta, al massimo punirà con una “sculacciata” il giudice indegno.
Passiamo alle considerazioni in libertà.
Che sia stato commesso un delitto – cosi si chiamano tutte le violazioni di legge nel Diritto penale – non c’è dubbio.
Senza alcuna motivazione, solo con odio, rancore e ambizioni frustrate quattro falsi amici si sono rivelati perfidi traditori.
A loro se ne aggiungono altri, il primo della lista Mario Occhiuto ora senatore per grazia del fratello Roberto messo al riparo dalla condanna anche in appello per bancarotta fraudolenta e sotto processo a Roma per corruzione transnazionale. Per noi soprattutto da padrino di Villa Rendano divenuto suo boia.
Ma poiché nessuna voce di dissenso dal disegno criminoso s’è levato in Calabria – nessun politico o parlamentare pur sollecitati, nessun soggetto istituzionale, nessun intellettuale o docente delle tre università calabresi, nessun giornale (e ce ne sarebbero in teoria 78), nessuna emittente televisiva, nessun Vescovo al quale se liberata sarebbe stata donata la Villa per la Chiesa cattolica , una minoranza irrisoria di cittadini – compresi da ultimo i tre milioni del giornale da me inventato I Nuovi Calabresi – nessuno ha scritto parole di sdegno e l’elenco potrebbe essere allungato alla quasi totalità dei calabresi, nativi e residenti o lontani dalla Calabria , tutto ciò detto mi pongo questa domanda: per quanto non abbia grande stima dei PM in particolare Gratteri, nuova star giustizialista che ritiene che in Calabria ci sono fino a 200 magistrati infedeli – e quindi ricattabili o ricattati – perché non allargare la platea già ricca dei potenziali colpevoli? Se si pesca nell’ area dei “reati di tipo associativo”, il più noto è l’associazione a delinquere in forma attiva o omissiva, quante migliaia di “pesci” rimarrebbero impigliati nella rete? E se dei reati associativi passassimo a quelli del consapevole favoreggiamento quanti cittadini muti e ignavi, come quelli che non hanno aderito neppure ad un’associazione civica chiamata con le parole del poeta calabrese Leonida Repaci senza costi e responsabilità che poneva come sola missione la rivendicazione dei diritti costituzionali anche per i figli di questa terra disgraziata potrebbero essere chiamati a risponderne?
E da ultimo un riferimento non alla Massoneria storica che ha ispirato l’intero nostro Risorgimento, ma quella oscena miscela che chiamano “massomafia” perché fa più fico della sola “mafia”, perché non dire il nostro dissenso perché altrimenti condividiamo l’affermazione di molti che “Cosenza è oggi la città della massomafia” cioè del cancro che ne consuma le carni, l’onore, la libertà?
Sono tanti forse troppi i possibili rei e allora prendiamo il coraggio di essere anche ingiusti e troppo severi: chiediamo che sia denunciata per una molteplicità di ipotesi di reati tutta Cosenza (poi il PM farà la cernita tra rei veri e rei per insolenza o per imprecisati timori), per il suo diretto coinvolgimento almeno omertoso, alla squallida storiaccia di Villa Rendano.
Se vogliamo indicare anche i “danni collaterali” – che tali in realtà non sono – vale la pena citare il Codice del Terzo settore che si è iscritto nel lungo elenco dei provvedimenti che definirei “del vorrei ma non posso”. È stato ignorato e irriso e in tal modo in futuro in caso di repliche della rapina di ente del TS – possibili giacché di traditori, imbroglioni, politici e magistrati felloni c’è grande disponibilità- del codice non ci si curerà tamquam non esset, così come ci si guarderà bene dal “pensare in grande” sapendo che per la maggiore vanno i mediocri, gli ignoranti, i pavidi.
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Ben tornato .Villa Rendano ieri sera l’ hanno usata come si usano gli stadi, per un concerto pop.