
A Cosenza chi decide se si può presentare una denuncia penale?
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La saggezza? Una virtù per chi l’apprezza, una trappola per tutti gli altri
3 Novembre 2025La Calabria è priva di molte cose. Non mi riferisco a “cose” materiali: servizi efficienti, ospedali, scuole, tribunali che amministrano la giustizia con equità e tempestività. Ma pur nella loro gravità le “cose” che più contano e mancano sono quelle immateriali.
Manca una presenza politica degna di questo nome, le amministrazioni pubbliche in maggioranza non si sentono responsabili della corretta gestione e considerano speso il loro dovere come concessione amicale da apprezzare.
Manca la libertà di stampa – non si capisce, a parte la diffusione e autorevolezza – a ragione si pretende la libertà di Report o di trasmissioni d’inchiesta e la si nega, come una pretesa di un moscerino che vorrebbe somigliare ad un volatile, la stessa libertà alla cosiddetta stampa minore.
Che sia minore è una pretesa arrogante, ICalabresi e Ritorno hanno una diffusione molto più ampia di tanti giornali cartacei che vivono bene perché rimpinzati di finanziamento pubblico.
Questo significa che chiudere per esempio l’odierna Unità (niente in comune con la prestigiosa testata comunista) farebbe gridare allo scandalo (eppure è un giornale quasi clandestino) mentre far morire ICalabresi con un incremento mensile di 200.000 lettori è passato inosservato.
La distinzione tra materiale e immateriale è invece essenziale perché le seconde spesso pesano molto di più delle prime.
La chiusura de ICalabresi avrebbe dovuto fare scandalo e invece il suo boia tale Walter Pellegrini ha dichiarato che “era un danno per la Fondazione” e i giornalisti anziché rivendicare la qualità del loro lavoro hanno scelto la strada dell’insulto, della cancellazione della memoria, del servilismo autolesionistico.
Ora parliamo di giustizia. Il mio pensiero da frequentatore e vittima dei tribunali è che essa in Italia, specie da Roma in giù, è una finzione, una perdita di tempo se si vuole che la sentenza dica il contrario di ciò che è stato dimostrato essere vero.
Per questo credo che magistrati vittime e ingiustamente attaccati da una riforma all’acqua di rose siano in totale malafede e gelosi di privilegi unici in Europa.
Ma i sostenitori di questi presunti eroi e martiri (che pure ci sono ma in forte minoranza) godono non di una legittima fiducia, ma spesso di una profonda e convinta venerazione.
Perché ciò accade: prima e più forte della sentenza spesso rabberciata di un giudice dovrebbe funzionare, contare e prevalere la “condanna sociale”. Il disprezzo dei cittadini verso chi ha palesemente perseguito obiettivi illeciti con relativi danni per la comunità, l’isolamento che si riserva ai figuri poco raccomandabili, ciò che nella Grecia antica comportava l’allontanamento forzoso del reo dalla propria città.
Da noi (o da voi, perché io non mi riconosco in questa Calabria) non accade e il criterio prevalente è o schierarsi subito da parte di chi sembra aver vinto (legittimamente o quasi sempre illegittimamente) o fingere di non sapere, evitare giudizi avventati, “stare nel proprio orticello”, farsi scusate il linguaggio i “cazzi propri”.
Ora io mi appresto a chiudere la mia battaglia civile con due azioni legali che solo un falsario patentato può respingere. E ho deciso di farlo al Tribunale di Cosenza, che molti considerano poco affidabile. Io credo che non sia del tutto vero e penso altresì che un giudice fellone vivrebbe male persino a Cosenza perché in molti casi il silenzio omertoso si sente meglio e più della voce
Non vedrò la fine dei due processi, civile e penale, ma sono in grado di prevedere con sufficiente certezza che sin dalla prima udienza si vedrà che l’imbroglio è stato fatto ma a Roma, da giudici romani, corrotti o ignoranti o in totale mala fede. Quindi si al Tribunale di Cosenza, fregandosene delle massonerie iperattive, degli avvocati collusi, dei maneggioni che certo non mancano in questo come in altri tribunali.





