
La falsa democrazia
4 Aprile 2025
Casa Gratteri
4 Aprile 2025Noi italiani abbiamo in genere un rapporto precario con la realtà. Quando essa non ci piace – ed oggi non c’è dubbio che a noi e ad altri piace pochissimo: guerre che ci scoppiano a pochi km di distanza, decine di migliaia ammazzati tra i palestinesi e con gli israeliani che – pur avendo le loro ragioni – sono riusciti con Netanyahu e soci a disperdere l’immenso credito di amicizia e solidarietà guadagnato con i milioni di morti nei campi di sterminio nazisti e un Trump che ci odia – noi italiani e gli europei in genere – e con i suoi invasati se potesse ci darebbe in pasto a Putin, ai cinesi e ai nord coreani, tra i più accreditati – motivi per ignorare la realtà ne abbiamo in quantità industriali.
In questo contesto – come se tutto dipendesse da noi – urliamo “pace, pace” o, “basta con le guerre e le armi” fino ad arrivare all’esemplare unico e irripetibile, per fortuna, che si chiama Matteo Salvini: Soldi per ospedali e pensioni, case e vacanze gratis per tutti o cannoni e missili che addirittura ammazzano le persone e fanno crollare palazzi e ponti?
Questo è un po’ strafatto l’italiano tipo.
E un suonatore di Jazz Massino Catalano, scovato dal geniale e folle Arbore, morto a 77 anni rappresentava alla perfezione l’italian model type.
Catalano, seguace di Lapalisse, si limitava a interloquire nei grandi dilemmi della vita posti dal filosofo Riccardo Pazzaglia, piazzando l’affondo definitivo: “È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze”. Dopo quell’exploit geniale, che genialmente Arbore non volle mai ripetere, cominciarono i mille e uno tentativi di imitazione di Quelli della notte, e i confronti imbarazzanti non si sono mai interrotti, anche ora che la politica si è impadronita del talk show, ora che le due entità sono inseparabili in natura.
Da Catalano al citato Lapalisse passano alcuni secoli ma la sua fama resiste e cammina insieme a noi.
Qui qualche informazione aggiuntiva è proprio necessaria.
Era un gelido febbraio del 1525, i lanzichenecchi imperiali e gli spagnoli, una guarnigione di 6000 uomini comandata da Antonio de Leyva (un cognome che i lettori del Manzoni dovrebbe ricordare per una certa Marianna de Leyva, suor Virginia, la sventurata monaca di Monza) erano assediati a Pavia dai francesi, guidati dal re Francesco I, che avevano campo nel parco del Mirabello, alle spalle del castello di Pavia.
Il 24 febbraio 1525 i rinforzi imperiali guidati da Carlo di Lannoy, viceré di Napoli, e dal Connestabile di Borbone, diedero battaglia all’esercito assediante, di cui, oltre ai francesi, facevano parte anche gli alleati svizzeri, i lanzichenecchi di Anne de Montmorency, e le forze del capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere.
Il re francese guidò personalmente l’assalto della sua cavalleria, ma questa si trovò circondata dal grosso della fanteria imperiale, comandata dal marchese di Pescara, Fernando Francesco d’Avalos, al quale si era aggiunta l’avanguardia comandata dal marchese del Vasto, Alfonso III d’Avalos, che la massacrò.
Mentre la celeberrima fanteria svizzera fuggiva, il re stesso veniva fatto prigioniero e questo successo fu conseguito anche grazie alla sortita della guarnigione di Pavia comandata da Antonio de Leyva che prese alle spalle l’esercito francese.
L’armata transalpina veniva così annientata e la maggior parte dei nobili cavalieri francesi (circa l’80% del totale della nazione) moriva in battaglia e, tra di loro, il prode seppur vegliardo La Palice.
Alla sua morte i fedeli soldati dettarono questo epitaffio: Ci-gît Monsieur de La Palice. Si il n’était pas mort, il ferait encore envie (“Qui giace il signore de La Palice. Se non fosse morto, farebbe ancora invidia”).
Ecco noi siamo un po’ seguaci di Catalano e un po’ di La Palice. È lapalissiano!
Torniamo con i piedi a terra. Dimentichiamo Salvini, i Conte, i pacifisti un tanto a chilo (ma mi chiedo chi si definirebbe guerrafondaio?) e vediamo il contesto.
Di Trump e accoliti che ci odiano l’abbiamo detto, che il bel sogno del Manifesto di Ventotene, che il 90% degli italiani ignora, è rimasto un bel sogno e ormai con l’accordo più realistico e utile dei Volenterosi – anziché sognare un’Unione di 27 stati europei divisi su tutto facciamo un’intesa più modesta con chi ci sta e senza sognare un unico esercito mettiamo insieme le nostre forze, militari ma soprattutto economiche, valoriali ecc… e se quel fetentone di Putin ci attacca troverà pane per i propri denti. E Trump e i trumpisti? Chissenefrega, a un brigante un brigante e mezzo.
Se vogliamo essere seri sulla cosiddetta Unione, che più disUnione non si può, andare a fare una giratina a Lussemburgo, una caccola di Stato, che si fonda solo sul business con poche tasse, su diritti di serie A per gli europei che ci vivono (quelli stabili sono circa 100.000, in maggioranza portoghesi e italiani) e quelli che fanno i pendolari dalla Francia o dal Belgio o dalla Germania che distano tra 20 e 50 km e appena possono scappano via perché il Granducato è soprattutto una Grande rottura di balle, noiosa sino alla morte.
E l’Italia che ha sempre “una seconda o terza soluzione”? Come al solito si barcamena: sogna la pace con Trump che ci prende a pernacchie come tutti, si immagina nel ruolo di pontiere tra le due sponde dell’Atlantico perché il ponte di Messina come bufala non le basta più, e tiene la povera Giorgia che “l’intellettuale di Gerace (RC)”, il pluricitato Gratteri, ha definito “più furba che intelligente” – guarda chi parla! – fa l’equilibrista precaria e non fa la sola cosa che dovrebbe fare: mandare a fare in cu… il gradasso Salvini e andare ad elezioni anticipate. Con il PD attuale il gioco è facile e la partita la può vincere o 3-0 e per KO tecnico.
Casa Gratteri
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