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Questo dice il voto in Calabria. Occhiuto può essere stato un buon o un cattivo presidente della Regione (la stessa che s’è trovata ad essere governata da una macchietta leghista), a mio parere non tra i peggiori, ma a deciderlo devono essere gli elettori, auspicabilmente capaci di pensare con la propria testa.
Ed invece si è preferito da parte del “campo largo” – che tutto è tranne che largo e coeso – lasciare tutto com’ era e scegliere una persona per bene ma poco abile nel conquistare gli elettori, una nobile “foglia di fico”.
Sotto di lui i soliti noti, vecchie cariatidi e insulse comparse (vale anche per il Centro destra) che vanno bene se devi mantenere i fedelissimi ma sono impresentabili per chi sente la necessità e la voglia di contare.
L’altra lezione che esce dalle urne e che ho definito in un post una palese contraddizione è che gli elettori hanno provato a far stare assieme “il diavolo e l’acqua santa”.
Gratteri – lo ripeto non per ostilità personale ma convintamente – ha scelto di essere il simbolo del giustizialismo (prima ti arresto e poi non mi offendo se il tribunale ti assolve dopo mesi di galera da innocente) e quindi il portabandiera dei magistrati che non vogliono neppure una riforma molto parziale della giustizia e tenersi la loro scandalosa immunità, e allo stesso tempo votare Occhiuto che al giochino dell’ avviso di garanzia alla vigilia elettorale non ha ceduto e soprattutto non ha lisciato il pelo ai PM che gridano “al lupo al lupo” per il referendum dimenticando che in molti casi i lupi sono loro.
Se ce la faccio scriverò i casi più strabilianti di una giustizia ingiusta e talora ridicola.
Questa volta posso scrivere per esperienza personale: lasciamo da parte due sentenze truccate (che il CSM per decenza dovrebbe censurare) e parliamo di due casi di PM, una di Cosenza e un altro di Roma. Mi limito per brevità al caso della Procura di Roma – dove non c’è neppure un cenno a Cosenza – che dopo due anni di oblio di una denuncia che avrebbe comportato non il rischio ma la certezza che l’avv. Mungari, regista della congiura contro la Fondazione, era in un ruolo di assoluta incompatibilità che l’avrebbe fatto decadere (art 2399 CC), è ricorso ad una falsa autodichiarazione con la complicità di due funzionarie della Regione Lazio pe evitare “un simbolico e meritato calcio in culo” – lui e l’oscena compagnia del Cda –, l’ha “sfangata” grazie alla sua genetica democristianeria d’accatto, ottenendo non si capisce perché che Roma inviasse la denuncia a Cosenza, un modo classico per perdere tempo.
La denuncia penale “omnibus” che in settimana a Roma vado a discutere in bozza mi sopravviverà ma sarà tale, almeno nei miei auspici, una inequivoca anticipazione della lordura che ha fatto compagnia fino ad oggi nelle aule dei Tribunali bucati come la groviera.
Ho già fatto ampi cenni al ruolo che emerge da parte di Gratteri, almeno di favoreggiamento, all’affossamento de ICalabresi della Fondazione e dulcis in fundo di Villa Rendano.
Ma tutti i nodi – vivo o morto – verranno a galla, e chissà che la vicinanza al Signore non punisca i traditori, i malvagi, i probabili assassini impietosi.





